… e così, quasi senza accorgersene, ci troviamo immersi nell’universo utopico e visionario di Paolo Vanda, fatto di costellazioni di colore, frammenti pittorici, tessere di sogni, montagne di speranza e valli di desiderio. Una volta entrati sarà difficile uscirne.
I lavori, definiti “staple paintings” per le tecniche e gli strumenti utilizzati nella loro creazione, sono delle costruzioni. Infatti, avendo come riferimento il collage, al posto della colla si sperimenta una nuova tecnica; l’uso sistematico della spillatrice.
Questa tecnica, soprattutto se applicata su formati di grande dimensione, non permette di controllare del tutto il risultato finale. Il taglio con le forbici e poi la successiva spillatura dei diversi pezzi, che on consente ripensamenti e correzioni in corso d’opera, generano una perdita di controllo relativa alla fase creativa che produce un continuo modificarsi del progetto iniziale. La forte tridimensionalità dei lavori li pone in bilico tra opera pittorica e scultorea, la carta da semplice supporto diventa materiale espressivo e l’opera avanza vero l’osservatore come entità organica he si espande nello spazio attorno.
I punti di congiunzione sono parte visibile ed espressiva del lavoro, segno ripetitivo che sottolinea la compresenza di connessione e frammentazione. E qui siamo nel cuore del lavoro artistico di Paolo Vanda, la tensione tra gli opposti: distruzione e creazione, fragilità e forza, frammento e grande dimensione.
Esattamente come le Stelle a cui sono ispirati i lavori esposti in questa mostra.
L'artista
Paolo Vanda nasce a Roma nel 1975. Inizia a lavorare come fotografo di reportage seguendo progetti personali a lungo termine esposti in Italia e all’estero.
Con il passare del tempo inizia a sviluppare una sua personale ricerca artistica che si estende molto oltre la fotografia tradizionale. Affronta l’esplorazione di immagini astratte sperimentando metodi atipici di pittura ad olio, uso irregolare di strumenti digitali e tecniche di stampa.